Gestire pause e discontinuità
Osho nei suoi
discorsi, esortava gli ascoltatori a prestare molta attenzione alle pause tra
una parola e l'altra piuttosto che a quello che diceva, perché nelle pause era
possibile percepire il senso delle cose dette e il senso di se nel conseguente
silenzio. Allo stesso modo se sei in meditazione vivi l'esperienza e ne
assapori la bellezza e l'intensità nelle pause, nel non fare, in attesa di una
nuova esperienza e di un nuovo fare. Se non sei in meditazione se non sei un
testimone silenzioso che osserva e ascolta, resti legato alle parole e al fare
e i momenti di pausa diventano momenti di disagio di malinconia di trepidazione
perché rimani legato all'esperienza che hai appena vissuto e perché vuoi che ne
accada subito un'altra. Hai spezzato la continuità, non sei in meditazione, sei
l'esperienza, le parole, il fare, non sei te stesso!Le pause in
realtà non esistono, sono generate dalla mente per creare l'esperienza, un
prima e un dopo, un fare e non fare, l'estrema pausa percepita come tale è la
morte, intesa come un finire, la pausa delle pause, ma anche la nascita è
generata da un apparente pausa, il subito dopo nato e l'immediato prima di
morire costituisce un lungo fare e agire tra due pause, nel lungo agire ci sono
a loro volta pause, discontinuità che generano il tempo, i giorni. Tutta la tua
esperienza è generata da questo insieme di pause che dividono diversi fare. Sei
in mano alla mente e agisci in base a quello che ti propone, la mente non è più
un mezzo attraverso il quale vivere l'esperienza di vita ma diventa essa stessa
la vita, ti sostituisce creando discontinuità e spezzando quindi la continuità
del tuo essere e della tua esperienza. L'esempio del fiume che scorre, spesso richiamato
da Osho, è la rappresentazione più efficace di questa continuità, il corso di
un torrente può avere delle anse, dei salti, dei rallentamenti, delle
accelerazioni, ma non c'è interruzione non riesci a vedere il corso di un fiume
interrompersi, seguito da un tratto di letto asciutto e arido e qualche metro
più in la, riprendere come per incanto il suo fluire, può scomparire alla vista
per un percorso sotterraneo ma poi riaffiora, sotto ha continuato ad essere
omogeneo continuo e così sarà fino allo sbocco nel mare o al blocco di una
grande diga ma anche lì comincerà ad allargarsi ad espandersi e per porre freno
alla sua pressione si aprono le chiuse per dargli sfogo.
Così è la vita
del meditatore, un fluire continuo senza pause, le apparenti pause sono ancora
un fluire, un fluire senza fare ma la percezione è di essere sempre nella
continuità della consapevolezza di se un osservatore per il quale quando
scompare l'oggetto dell'osservazione subentra l'oggetto della pausa che è
anch'essa esperienza, solo che la mente legata al fare te la rappresenta come
un'interruzione. Anche la nascita e la morte sono inganni della mente, che
fissa il momento in cui cessa un non essere e comincia un essere quando
costruisce il tempo e le sue pause, ovvero quando prende possesso
dell'esperienza e te la rimanda secondo la sua scansione. La mente non
"ricorda" il prima di nascere e non conosce il dopo morte perché in quei
momenti non c'è e fuori gioco, si crea il suo tempo con due grandi pause solo
per aver la certezza di esistere. Nella meditazione non c'è una nascita o una
morte, non c'è un inizio e una fine, c'è solo una infinita continuità, fatta da
apparenti vuoti e pieni, suoni e silenzi, di cui la nascita e la morte
rappresentano i due apici o confini di diverse esperienze. E come se fossi a un
cinema e vedi un film, termina il primo tempo c'è l'intervallo e poi comincia
il secondo, in quel lasso di tempo se sei nella mente e pensi di essere ciò che
stai vedendo, penserai di non esserci più, di essere finito, se sei spettatore
continui ad essere lì anche in assenza di immagini e quando comincerà il
secondo tempo sarai ancora lì. L'estrema grande pausa della morte non è che un
intervallo che visto dalla mente è un finire perché essa finisce di esistere
come produttrice delle immagini. La meditazione che ti pone fuori dalla mente o
meglio che te la pone come mezzo per generare l'esperienza non conosce
intervalli o pause e crea in te le condizioni di una pura continuità.
Il
Tantra è una via che usa la meditazione e tecniche millenarie per porti nella
condizione di essere nella continuità in particolare questo diventa possibile
quando raggiungi lo spazio del Cuore e l'espansione della consapevolezza,
allora lo scorrere orizzontale diventa una espansione circolare in cui le pause
non possono esistere, potrai non essere sempre nello spazio del Cuore, ma se lo
hai conosciuto, sai come tornarci, quando la mente prende il sopravvento e ti
crea un ritmo, una discontinuità, una pausa, puoi espanderti e ritornare nello
spazio del Cuore assorbendo la pause e riconducendole a quelle che sono in
realtà: "sfumature" della continuità. Per far questo devi aver lavorato con
totalità e continuità sulla via del Tantra, creando i presupposti per un
ripristino della condizione meditativa quasi "automatica".
Un
esempio emblematico della incidenza della discontinuità nella tua vita è il
lavoro soprattutto quello dipendente, finché la tua esperienza è dettata e
costruita intorno a step, programmi, orari, giorni tutto sembra avere un senso
e filare "liscio", il problema grosso si presenta quando smetti di lavorare,
rischi di andare in crisi perché ora non sai come gestire la grande pausa o
meglio l'assenza della discontinuità che aveva dato un "senso" alla tua vita,
crisi di astinenza da discontinuità, intossicazione da pause calendarizzate,
orari, giorni...
Allora
devi subito creare nuovamente i presupposti per le pause a la calendarizzazione
del fare, o spostare l'attenzione sul fare degli altri e gestire le pause degli
altri o trovare un'altra attività che ti tenga "impegnato".
Se
sei in meditazione userai questa condizione per dare vita alla tua reale
identità, alla creatività, al talento, ora puoi offrire, donare, darti agli
altri e all'esperienza con assoluta totalità, il tuo agire sarà lo specchio
l'espressione di quello che realmente e profondamente sei, senza ruoli o agiti
imposti da modelli e schemi precostituiti, una grossa occasione che non devi
assolutamente perdere prima della grande "pausa", prima dell'intervallo. Sarai
allora pronto ad essere profondamente te stesso anche durante il grande
intervallo e goderti l'esperienza.
E'
in crescita il "fenomeno" di chi all'improvviso lascia il lavoro dipendente senza
un apparente motivo, anche il più redditizio, per darsi alla ricerca profonda
di se del proprio talento, delle proprie capacità e offrirle all'esperienza di
vita che diventa più autentica e diretta, se però non sei nella meditazione e
nell'espansione questa scelta può creare fratture e crisi molto profonde, sta
accadendo anche questo. Il segnale però è chiaro: un modello sta degenerando,
sempre più avverti di essere in una "trappola" mentale in uno schema ripetitivo
che ti rende schiavo di un fare al servizio di un'entità astratta (pubblica) o
fortemente egoica (privata).